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Atto I. Scena V | 47 |
- sei tu che facesti morire
- Giovanna Camètra e il figliuolo
- di Panfilo delle Marane,
- e Afuso togliesti di senno,
- e désti il mal male a Tillùra.
- E di te morì anco il tuo padre,
- che è in dannazione e ti danna!
- Mila
- he Dio abbia l’anima sua!
- Che la raccolga Dio nella pace!
- Ah, tu ora hai fatto biastema
- contro l’anima del trapassato.
- Che la tua parola ricada
- sopra di te, davanti alla morte!
Candia sarà seduta su una delle arche nuziali, taciturna in gran tristezza. Si alzerà, passerà per mezzo allo stuolo iracondo, e s’avanzerà verso la perseguitata, lentamente, senza ira.
- Il coro dei mietitori
- - Ohé! Ohé! Quanto s’aspetta?
- Avete voi fatto consiglio?
- — O pecoraio, pecoraio,
- dunque te la vuoi tenere?
- — Candia, e se Lazaro torna?
- — Uscire non vuole? Aprite,
- aprite, che vi diamo una mano.
- — Dateci intanto la fiasca.
- — La fiasca, la fiasca! È l’usanza.