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- Lazaro
- Io ti son giudice. Chi
- sono io a te, pel tuo sangue?
- Aligi
- Voi siete il mio padre a me caro.
- Lazaro
I o sono il tuo padre; e di te
- far posso quel che m’aggrada,
- perché tu mi sei come il bue
- della mia stalla, come il badile
- e la vanga. E s’io pur ti voglia
- passar sopra con l’erpice, il dosso
- diromperti, be’, questo è ben fatto.
- E se mi bisogni al coltello
- un manico ed io me lo faccia
- del tuo stinco, be’, questo è ben fatto;
- perché io son padre e tu figlio,
- intendi? E a me data è su te
- ogni potestà, fin dai tempi
- dei tempi, sopra tutte le leggi.
- E come io fui del mio padre,
- tu sei di me, financo sotterra.
- Intendi? E se del cervello
- questo ti cadde, io tel riduco
- in memoria. Inginòcchiati, e bacia
- la terra, ed esci carpone,
- e va senza volgerti indietro!