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- Ornella
C reatura, ora sembra che a te
- l’anima tua sia vestimento
- e ch’io possa toccarla stendendo
- verso te la mia mano di fede.
- Or come tu sai tanto male
- gettare alla gente di Dio?
- Se Vienda nostra vedessi,
- tremi tutta. Fra poco la pelle
- le si schianta su l’ossa per l’arido,
- e le sue gengive più bianche
- son che i denti nella sua bocca.
- E, come cadeva la prima
- pioggia, sabato, mamma ci disse
- piangendo:“Ecco, ecco, ora sen va,
- nella frescura si piega e si disfa„.
- Ma non piange il mio padre:il suo fiele
- ei mastica senza far motto.
- Gli s’invelenì la ferita.
- La resipola trista lo colse
- San Cesidio e San Rocco ci guardi!
- e nell’enfiagione la bocca
- gli lasciò per dì e notte latrare.
- Tutto un fuoco scuro eragli il capo.
- E incanito le grandi biasteme
- ei facea, da scuoter la casa:
- e noi sbigottivamo... Tu batti
- i denti, creatura. Hai la febbre,
- che così ti ricorre riprezzo?