Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
10 | PROLOGO |
su una prateria novella. Il monte Conero, nel suo semplice e grande lineamento, appariva a pena rosato con non so quale interior luccichío di oro, quasi un tesoro nascosto da un velario. I moli si protendevan fuori, nel mare men chiaro presso la riva, come rigide bianchissime braccia.
Aspettava e palpitava, nella felice alba di estate, quello stesso popolo che nel luglio del 1866 aveva veduto tornare in porto le navi del conte di Persano coperte di vergogna, mezzo aperte dagli arrembaggi, mezzo arse dagli incendii, rotte dalle cannonate; e aveva veduto sbarcare dal Washington i poveri feriti che per due giorni erano stati crudelmente sbattuti nel rimorchio con strazio senza nome; e aveva gridato morte, con terribile furore, all’ammiraglio che, lasciando la sua bandiera sul Governolo, corse di notte tempo, come una femmina a nascondersi sul Messaggero per paura della morte.