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L’ARMATA D’ITALIA 95

per l’avvenire) che, quando la torpediniera cammina, tutti lavorano, di giorno e di notte, e nessuno riposa.

Le macchine di queste minime navi sono assai diverse dalle macchine delle navi massime: l’elice acquista la rapidità vertiginosa di trecento e quattrocento giri al minuto; la pressione, nelle caldaie sottili, monta a dodici e a quattordici atmosfere.

La sicurezza della mano dev’essere infallibile, la leggerezza del tocco dev’essere tenuissima. Il più abile e il più intrepido macchinista d’una corazzata si sente smarrito sopra una torpediniera. Se egli lascia fuggire un fil di vapore, la pressione cade e con la pressione la velocità, d’un tratto. Ma, sotto le ineguaglianze improvvise, i più delicati congegni si guastano; la caldaia, dilatata dalla gran pressione, si contrae subitamente: le commessure dei compartimenti e de’ fornelli si piegano. E ne segue, per ultimo, una transforma-