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II.
Così chiamai l’amata in nona rima,
sotto il grande balcon di tiburtino
ov’han lo scudo il Guttadàuro-Alima
con gocce d’oro in campo oltremarino.
Dormìa la villa ne ’l silenzio: in cima
a li aranci de ’l nobile giardino
aprivano i paoni le gemmanti
piume verso la luce, e de’ lor canti
striduli salutavano il mattino.
Ella apparve. — Buon dì, messer cantore! —
disse ridendo con gentile volto.
— Non questo è il tempo gaio de ’l pascore,
ma voi siete di ver loquace molto.
Or seguite a trovar rime d’amore,
chè con benigno orecchio, ecco, v’ascolto. —
Io le dissi: — Madonna, io son già fioco.
Or voi di sì salutevole loco
scendete a me che son di pene avvolto! —