Pagina:D'Annunzio - Isaotta Guttadauro, 1886.djvu/35


Il libro d’Isaotta 29


Io dissi: - Non mi giova la fortuna,
o Madonna Isaotta, ne ’l trovare. -
Ed ella a me: - Non ha virtude alcuna
il fino Amore per v’illuminare?
Il grappolo tardìo dove s’aduna
da lungo tempo, come in alveare,
la dolcezza de ’l miele a ’l lento foco
de ’l sole, aspetta noi per qualche loco. -
Io dissi: - Non mi stanco di cercare. -

Noi camminammo giù per la vermiglia
china che discendeva a l’acque d’oro.
Da lungi a quando a quando una famiglia
di villici sorgendo da ’l lavoro
ci guardava con alta maraviglia;
e le fanciulle interrompeano il coro.
Venendo innanzi con giulivo ardire
una gridò: - Che mai cerchi, o bel sire? -
Ed io risposi a lei: - Cerco un tesoro. -

Noi così camminammo: ella men lesta,
poi che non concedeami anco la mano.
In guardare tenea china la testa,
bella come la bella Blanzesmano
allor che cavalcò per la foresta
a fianco a ’l suo Lancialotto sovrano.
Le fronde sotto i piè stridevan forte;
ma a quelle viti ignude aspre e contorte
li occhi chiedevan la dolce esca in vano.