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Rondò pastorale, pagina 168.

Questo rondò è composto, metricamente, sopra un esemplare di Clemente Marot. Li altri quattro sono composti a similitudine di quelli (più propriamente Rondels) attribuiti a Francesco Villon, che son meno esatti. L’ultimo segue la regola di Carlo d’Orléans.


Outa occidentale, pagina 186.

Leggendo l’elegantissima traduzione che ultimamente Judith Gautier ha fatta di talune poesie giapponesi, tentai di riprodurre in italiano la struttura di una outa; ed aggiunsi le rime.

I Giapponesi, pure ammirando i versi chinesi e talvolta imitandoli, si attengono di preferenza alla poesia nazionale che chiamasi outa. Due specie di outa vi sono: l’outavé-outa, da cantarsi con compagnia di stromenti o senza; e la vomi-outa, da leggersi. La prima è più lunga, spesso lasciva ed oscena; la seconda è più corta, si compone di pochissime linee senza rima e senza ritmo, ma d’un determinato numero di sillabe seguentisi in un ordine stabilito.

La più elementar forma di poesia giapponese è la strofa di cinque versi, di cui il primo è di cinque piedi, il secondo di sette, il terzo di cinque, e di sette li altri due. In complesso, trentun piede.