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128 | Gabriele d’Annunzio |
ma la vecchiezza è tremula, quale ai venti alberello.
Io son vedovo, solo, ne ’l vespero, su ’l monte;
come un bove assetato piega all’acqua la fronte,
io l’anima reclino, mio Dio, verso l’avello. -
Così Booz parlava, ne la misteriosa
notte, e a Dio volgea l’occhio inerte; però che
l’alto cedro non sente a ’l suo piede una rosa
e non sentiva Booz una donna a ’l suo piè.
IV.
Mentre Booz dormiva, Ruth, una moabita,
s’era distesa ai piedi de ’l vecchio, nuda il seno,
sperando un qualche ignoto raggio o ignoto baleno
se venia co ’l risveglio la luce de la vita.
Ora Booz inconscio dormiva sotto i cieli;
Ruth inconscia attendea, con pia serenità.
Una fresca fragranza salia da li asfodeli,
e i soffi de la notte languian su Galgalà.
Era l’ombra solenne, augusta e nuziale.
Volavan forse, innanzi a li occhi stupefatti
de li umani, erranti angeli; però che in alto a tratti
apparivano azzurri lembi simili ad ale.