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70 | il libro delle vergini |
A un tratto, Camilla nel sonno cominciò a mormorare delle parole vaghe, de’ frammenti di parole incomprensibili, movendo appena le labbra, mettendo lunghi respiri dentro cui si sentivano de’ suoni semispenti, si sentivano i gorgogli rochi delle voci non formate e li accenti delle voci infrante. La testa di lei, scarna, affilata, quasi direi scolpita e cesellata rigidamente dalla penitenza e dal digiuno, ingiallita dal lume della lampada, posava su la bianchezza del guanciale come una effigie mal dorata di santa sopra una raggiera. Piccole ombre violacee segnavano l’interno delle narici, i solchi del collo teso e pieno di corde, le fosse delle gote, le occhiaie d’onde sporgeva grande il globo coperto dalla pelle molle della pálpebra. Ella pareva così il cadavere di una martire, dentro cui scendesse lo spirito di Dio.
Benchè quello dei soliloquii notturni non fosse il primo, Giuliana sentì freddo in mezzo ai capelli: un terrore improvviso l’assalì e la oppresse. Ella istintivamente si rannicchiò, cercò di allontanarsi dal corpo della sorella ritraendosi su l’orlo della sponda; stette immobile, sospesa nelli intervalli di silenzio, con li occhi fissi su la bocca della dormiente, provando un sordo balzo in mezzo al petto se quelle labbra si muovevano a profferire nuove parole. Ella non comprendeva; ma qualche cosa di