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62 | il libro delle vergini |
con in tutta la figura lo scompiglio osceno della donna violata.
A tratti nel bianco dei suoi occhi naufraganti appariva come un tremolìo; nelle sue braccia passavano dei sussulti, delli stiramenti di nervi irritati; fremiti nervosi le increspavano la fronte, le facevano battere le palpebre, curvare in sù li angoli della bocca, muovere in piccoli moti vaghi il pollice dei piedi scalzi.
Ella, quando udì i passi di Camilla nella scala, dal fondo della sua languidezza si levò su un gomito; rapidamente passò le mani su le vesti sconvolte; ritrovò le parole per dire alla sorella che una sùbita mancanza di forze l’aveva fatta cadere nel mezzo della stanza.
Fuori, annottava: su’l paese si spandeva la grande frescura glauca della sera di giugno, originante dall’Adriatico. Voci e risa empivano la piazza; giù pe ’l casamento cantava la gioia sabatina delli abitanti sollevati. Dal secondo pianerottolo Teodora La Jece gridò:
— Comare Camilla, comare Giuliana, venite?
Giuliana seguì la sorella, senza parlare, senza pensare. Durava fatica a sovvenirsi: una specie di ebetudine le teneva ancora la memoria. Teodora La Jece le empiva li orecchi del suo chiacchierio di femmina maldicente e petulante.