del tempo una statua diseppellita, il corpo ignudo si rivelava. Un mucchio di lana e di tela vile era ai piedi della pulzella così purificata, e da quel mucchio ella come da un piedistallo sorgeva nella luce coronandosi con le braccia, mentre al contatto dell’aria una vibrazione a pena visibile le correva i contorni, il fior della pelle. In quell’attitudine momentanea tutte le linee del torso si distendevano e salivano verso il capo ricinto; si appianava la leggera onda del ventre non anche deturpato dalla concezione; li archi delle coste si designavano. Poi, se un insetto entrava nella stanza, il ronzìo aliante in torno ed accennante ad attingere la nudità, il ronzìo sbigottiva Giuliana; ed era allora un difendersi dalla puntura mal temuta, erano movimenti serpentini, scatti di muscoli sotto la cute, paurosi raggruppamenti di membra, falli dei malleoli non bene forti al gioco, balzi, guizzi, tutti quelli sviluppi improvvisi di agilità e quei raggricchiamenti di pelle provocati in una donna dal ribrezzo.
Poi, così eccitata dal moto e calda, ella aveva delle voglie nuove. Apriva l’uscio, cáuta in sospetto; e metteva fuori il capo guardando nell’altra stanza. C’era un’odore di chiuso, quello squallore inanimato che hanno le scuole senza fanciulli: nelle tabelle quadrate l’alfabeto cubitale e i gruppi dei dittonghi e delle sillabe stavano muti dominatori del luogo.
5 — Il libro delle vergini. |
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