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40 | il libro delle vergini |
marce, falde di cappello, tutto il ciarpame sfatto che la miseria gitta nella strada, si mescolavano. Su quella cloaca, in cui il sole suscitava insetti e miasmi, una fila di case nane soffocava addossata alla Caserma. Da tutte le finestre però, da tutti li spiragli si riversavano le piante dei garofani non più contenute nei vasi; e i grandi fiori rosei e rossi penzolavano al sole aperti magnificamente. E tra quei fiori apparivano le facce flosce e dipinte delle meretrici, passavano le oscenità delle canzonette, le risa gutturali; e giù su’l lastrico, sotto le inferriate della caserma, altre femmine si tendevano verso i soldati parlando a voce alta, provocandoli. E i soldati, che sentivano nel sangue alla primavera rifiorire i mali di Venere, allungavano le mani di tra le sbarre pur di brancicare qualcosa, divoravano con li occhi in fiamme quelle femmine usate già per anni dalla lascivia di tante ciurme briache e di tanti facchini fradici.
Giuliana stette lì stupidita allo spettacolo di tutta quella corruzione di lupanare fermentante pe’l buon sole di quaresima e salente fino a lei. Non si ritraeva ancora; ma come alzò li occhi, vide in un abbaino su’l tetto della caserma un uomo biondo che la guardava e sorrideva. Ella scese dalla sedia a precipizio, più pallida di prima, credendo di sentire la voce di Camilla. Corse nella sua