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26 | il libro delle vergini |
un’impresa difficile; socchiudeva li occhi soffermandosi nel nuovo diletto di quel pensiero; palpava con le dita le ginocchia, le caviglie esili, raccogliendosi, come per misurare la forza; e rideva, rideva poichè il riso le insinuava uno sfinimento dolce, una sottile delizia vibrante, in tutto l’essere.
Una freccia di sole strisciava sul davanzale e feriva l’acqua di un bacile in un angolo: il riflesso mobile veniva nella parete, come una fine trama di oro. Uno stuolo di colombi attraversò lo spazio e venne a posare su l’arco; parve un augurio. Ella pianamente scansò le coperte, ebbe ancora un’esitazione: seduta su la sponda del letto cercava con la punta del piede scarno e giallo la pianella di lana. La trovò, trovò l’altra; ma ora una tenerezza l’assaliva e le si empivano di lacrime li occhi, e tutto tremolava dinanzi a lei in un albore indistinto come se le cose in torno si facessero aeree ed evanissero. Le lacrime le rigavano le guance, le si fermavano alla bocca tiepide e salse: ella ne bevve alcune, ne sentì il sapore. Fuori, dall’arco i colombi a uno, a due si rialzavano, frullando. Giuliana con un moto delle fauci respinse il gruppo del pianto; poi si poggiò sulla sponda, premette, si alzò finalmente in piedi; sorrise dalli occhi umidi, guardandosi. Non sapeva di essere così debole, di