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20 | il libro delle vergini |
rovina, torturava gl’intestini ove le ulceri tifose si cicatrizzavano lentamente.
Fuori, era la novena di Natale, la bella festività de’ vecchi e de’ fanciulli. Erano certi vespri chiari e rigidi, sotto cui tutto il paese di Pescara si popolava di marinari e si empiva dei suoni delle zampogne. L’odore acuto delle zuppe di pesce si propagava nell’aria dalle cantine aperte. Lentamente alle finestre, alle porte, nelle vie i lumi apparivano. Il sole indugiava roseo su i terrazzi di pietra della casa di Farina, sui comignoli della casa di Memma, su ’l campanile di San Giacomo. Le altezze illustri dominavano come fari su’l paese occupato dall’ombra. Poi, d’un tratto la notte cominciava a constellare i firmamenti; sopra le case di Sant’Agostino una mezza luna si affacciava dal bastione tra il fanale rosso e il pino del telegrafo, crescendo.
Alla stanza di Giuliana tutta quell’animazione di vita saliva in un romorìo confuso di alveare che si sveglia.
Le pastorali delle zampogne si avvicinavano, di casa in casa, di porta in porta; avevano una religiosa e famigliare letizia quei suoni che i ciociari di Atina traevano da un otre di pecora e da un gruppo di canne forate. La convalescente udiva, si sollevava su’l letto; poichè quella sensazione le