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172 | il libro delle vergini |
dell’organo sacri e l’odore dolce che emanava da Giacinta suscitavano delle visioni confuse, delle visioni infinite, di mezzo a cui, non so perchè, fiorivano certi ricordi vaghi della prima infanzia: il ricordo, per esempio, di tanti gigli dai grandi calici argentei che mi assopirono co ’l profumo una sera di giugno nella stanza di mia sorella; il ricordo di un grappolo di nidi che io feci cadere con una canna dalla grondaia, una mattina di primavera, per rubare le piccole ova perlate alle rondini covanti.
— Oramus te. Domine, per merita Sanctorum tuorum...
E li accordi dell’organo misero un lungo fremito su tutte le teste. Giacinta s’inchinò. Io la tenevo per la mano. Ella era più alta di me; io le appoggiavo leggermente il mio capo su la spalla. Io non so quel che ella sentisse; ma la mia era una sensazione pura e mite; era un languore che mi saliva a poco a poco le vene, era quasi una tenerezza che mi vinceva l’anima e mi faceva piegare le ginocchia inconsciamente e piegare il capo.
— Tu solus Dominus, tu solus Altissimus, Jesu Christe...
Ci fu un movimento confuso in tutta la turba inginocchiata, ci fu su tutta la turba il passaggio rapido di qualche cosa di biancastro. Erano forse