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nell'assenza di lanciotto 159


Era una trista opera, che compievano naturalmente. Li adescava fuori la stagione felice, li dilettava la grande aria, li penetrava da tutte le parti la vitalità straripante della terra vegetale. Nella casa lo sforzo d’attenzione nel reprimere ogni voce, nel soffocare ogni rumore, li fastidiva e li irritava. Essi uscivano, stavano lungo tempo assenti, obliandosi; prediligevano i siti remoti; i rifugi protetti dalli alberi, i sentieri spersi tra le piantagioni. Gustavo portava nei ritrovi la foga della sua passione, tutte le veemenze della sua natura quasi vergine; Francesca la sua bella mobilità di aspetti, le piccole crudeltà della sua calma, la raffinatezza signorile della sensazione. Sfuggivano istintivamente da ogni cosa, da ogni circostanza di cose, che li potesse condurre a un ripiegamento della coscienza su se stessa. Nell’uscire, quasi sempre uno dei due diceva, come per giustificarsi:

— Pare che stia meglio; è vero? Non si è lamentata mai.

E andavano.

Ma Donna Clara, in quella stanza nuda, in faccia allo splendore che si riversava su ’l pavimento dalle imposte semichiuse, sentiva un grande accoramento cupo che la uccideva, si sentiva finire. Ella non aveva da prima indovinato: restava supina su ’l letto, lunghe ore, lunghe ore, tenuta dal male, con