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nell'assenza di lanciotto | 151 |
tepidi dell’aria; s’erano intravisti i campi tutti protetti dal sole.
— Così, nonna?
— Si, Eva buona; vieni.
La vecchia s’era sentita intenerire; l’aveva presa un bisogno di stringersi al petto quella dolce massa di capelli, di appoggiarvi la gota un momento. Ella così si rifugiava nella adorazione di quella testa infantile.
Eva poi se n’era andata anche lei, giù nel giardino, a correre su l’erba. Dalla finestra passava l’aria troppo viva; cresceva il vento; le cortine ondeggiavano e si gonfiavano; entrava la luce limpida e rigida come un’acqua sorgiva. Allora un brivido aveva incominciato a scuotere l’inferma, la prendeva un’altra volta quel freddo nervoso che le faceva dolore. Aveva avuto appena la forza di suonare il campanello per chiamare qualcuno. Era venuta Susanna, quella donna pingue e clamorosa, a tenerle la mano ruvida su la fronte e ad invocare le Vergini del cielo...
Ora dunque Francesca e Gustavo tornavano dalla passeggiata? Così tardi? Non avevano dunque pensato a lei mai?
Francesca voleva rompere quel silenzio che le pesava.
— Sapete, mamma?, siamo stati alla pineta.