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146 | il libro delle vergini |
in silenzio. Ma dai cespugli un profumo acuto, di fiori che non si vedevano, saliva; un profumo che li turbava e li faceva desiosi. Erano in una di quelle brevi radure, per lo più circolari, dove si sente più vivo e penetrante il fascino della selva.
— Ah, Gustavo, guardate quel fiore! — esclamò Francesca additando. — Se mi tenete il frustino, lo colgo da me.
E, dato il frustino, ella si curvò dalla sella con una movenza agile: mentre il sauro urtava con una zampa arcuata il terreno. È una cosa che accade sempre, comunemente, in tutte le cavalcate a due, nei libri di romanzo e nella vita reale.
Quello era un piccolo fiore rosso, di una fragranza fine.
— Odoratelo, Gustavo — ella fece, e glie l’accostò alle nari.
Una tentazione: Gustavo le sfiorò le dita con la bocca calda, tremando. Ella non disse nulla, ma mutò un poco nel viso; e spinse il cavallo innanzi.
— Ascoltate, Francesca, un momento! — le gridò dietro il giovane, anch’egli spingendo l’animale. E fu quasi un inseguimento a traverso la densità pericolosa delli alberi, un calpestìo sonoro su le pine secche tra i cespugli. Un braccio di lei aveva urtato in un tronco, seccamente.
— Fermatevi, fermatevi! Vi fate male.