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120 il libro delle vergini


Ella non era triste; ella era solo un po’ pallida, a traverso il velo nero. Baciò Galatea tante volte; tese la mano a Cesare che stava lì ritto senza parlare.

— Ci rivedremo a primavera - gridò ancora affacciando la testa allo sportello della carrozza, agitando le dita. E il trotto dei cavalli si perse pel viale, sotto le robinie che si accasciavano nella grande umidità nebbiosa.

Allora Galatea sentì un sollievo dolce penetrarle a poco a poco nell’anima; sentì li antichi silenzi ridiscendere lenti e solenni a regnare su la casa; sentì co’l sollievo anche uno sfinimento placido ove la sua povera vita si estingueva come sommergendosi. Erano i giorni limpidi e tepidi dell’estate di San Martino; un velo di sopore aleggiava su la campagna godente in quelli ultimi abbracci del sole.

Ella amava ora il sole; ella voleva che i raggi benigni la involgessero tutta come in una veste fluida di oro; ella dava la faccia al calore pieno, chiudendo le palpebre, provando un senso fine di piacere nella gola a quella blandizia.

— Com’è gentile! - diceva ella, sommessa. Cesare, da canto, la guardava con un sorriso pieno di malinconia.

— Cesare... - ruppe ella un giorno al fine; con