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favola sentimentale 113

si dilatavano smisuratamente e le iridi vinte dalla pupilla parevano talvolta due buchi neri.

— No, no signora zia - ripetè con uno strascico di voce.

— Sentite, nipote, che odore?

— Sento l’odore della violetta - disse Cesare con una dolcezza melodiosa.

Le risa scampanellarono vivamente sotto la tranquilla volta vegetale.

— Ah, nipote; voi avete fatto il primo verso d’un sonetto o un principio di dichiarazione? Che ingenuità audace! Voi cominciate a farmi tremare. Scostatevi.

Ed ella voleva liberarsi dal braccio di lui, conun’aria di canzonatura e di paura; ma Cesare la tenne prigione sotto la stretta.

— Restate, zia. Io sono innocente.

Facevano così, per gioco. Però Cesare, quando nel trattenerla la prese la mano senza guanto, sentì un brivido fine salirgli le ossa; e guardò quella piccola mano dalle dita lunghe, dalle unghie di ónice, che. aveva una emme profonda su la palma.

Dal polso, di sotto ai braccialetti d’oro e d’argento niellato, certe vene verdognole si diramavano perdendosi nel misterio del casimiro, simili a infiltramenti di rame in un pezzo di alabastro.

— Restate, zia.