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Sei un infinito canto. Muta sembri rimasta
da secoli per cantare quest’inno che sovrasta
45la speranza e supera il fato.
Sembri rimasta in silenzio da che la terza rima
ti rapì nel Paradiso dov’arde su la cima
dell’amore il verso stellato.
Tutto è voce numerosa, tutto è numero e modo
50in te nova. Sei la grande Carmenta. Ecco che t’odo
fra il Tevere e il Capitolino.
Ecco che t’odo fra l’Alpe Giulia e l’Alpe Apuana.
T’odo fra le Dolomiti rosse e la Puglia piana.
E l’Istria è un sol coro latino.
55E il leone di Parenzo rugge col miele in gola.
E la vittoria cilestra nel colossèo di Pola
si prodiga all’arcato abbraccio.
E le città di Dalmazia si scingono sul mare
cantando dai bei veroni veneti, bionde e chiare
60nell’ambra di Vettor Carpaccio.
E Zara è la prima, Zara nostra, rocca di fede,
ch’è scolpita nel mio petto com’è scolpita appiede
di Santa Maria Zobenigo,
tutta bella al davanzale della sua Riva Vecchia,
65ridorata come quando Venezia si rispecchia
nell’oro sciolta dal caligo.