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Rase città lungo putride gore,
borghi in cenere sopra nere pozze
guardava solo, irto di membra mozze
80e d’occhi fissi, il dementato Orrore.
 
L’Italia era in disparte. Taciturna
volgeva la sua faccia verso il mare
sùpero. Udiva il rombo aquilonare
percuotere la grande Alpe notturna.
 
85L’ombra mordeva il suo bel capo stretto
fra i rostri della sua naval corona.
Come chi forte nel pensier tenzona,
ella anelava dal quadrato petto.
 
Di sé nutriva il suo divino male.
90Come l’eroe delle speranze inulto,
parea patire un avvoltoio occulto
che le rodesse il fegato immortale.
 
Basso intorno al suo cruccio solitario
era il susurro d’un mercato immondo.
95Non vedea, non udia, nel suo profondo
travaglio, ella. Guatava l’avversario.