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40 | Cuore infermo |
IV.
Dietro ai cristalli della carrozza fuggiva la Riviera di Chiaia con le sue eleganti palazzine, non molto alte, senza botteghe, coi suoi grandi alberghi dalle stanze da pranzo sfolgoranti di luce, con la striscia nera come l’inchiostro che mettono a destra gli alberi della Villa; sorgeva e si dileguava la strada di Chiaia stretta, erta, coi ricchi negozi di mode, dove le graziose fanciulle che vi lavorano, sogguardano i passanti attraverso le vetrine; appariva e spariva, silenzioso e quieto, il palazzo Reale; appariva e spariva il teatro San Carlo, massiccio, grigio, dal portico oscuro; scivolava la via del Molo, sporca, chiassosa, rossa di fiammelle; fuggiva, fuggiva la via della Marina, con gli uffici di assicurazioni marittime sbarrati, la gran dogana chiusa e muta, col nauseante odore del suo mare mercantile, un mare odioso a fondo di carbone. Nella carrozza si parlava poco; a intervalli moriva la conversazione. Mario sedeva accanto a sua figlia, dandole la destra: Marcello sedeva dirimpetto ad essa. Il duca Revertera aveva fumato una sigaretta, lasciando andare il fumo dalla portiera aperta; aveva tentato di rialzare il discorso che rovinava da tutte le parti, aveva scherzato un poco sulle figure del corteo matrimoniale, sulla gravità del duca di Rivela, ma le sue parole non trovavano eco nei due giovani. Pareva che essi si compiacessero di quel silenzio. Beatrice, nel suo angolo, appoggiava la testa sulla stoffa della carrozza. Nella penombra, Marcello fissava sua