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34 | Cuore infermo |
Alle ultime parole Marcello s’inchina appena. Beatrice saluta col capo. Quasi che tutto non fosse regolato, quasi che non si sapesse quel che viene dopo, quasi che qualche cosa di nuovo, di impensato debba accadere, la riunione è agitata da un’ansietà compressa.
— Voi, Marcello-Andrea-Ferdinando Galati, duca di Sangiorgio, volete per vostra legittima sposa Beatrice-Maria-Isabella Manso, duchessa di Revertera?
I giovanotti si curvano, tendono l’orecchio.
— Sì — dice egli con voce ferma e forte, impallidendo, guardando fissamente colei che in quel momento elegge per sua donna.
— Voi, Beatrice-Maria-Isabella Manso, duchessa di Revertera — dice Rivela, salutando la sposa — volete per vostro legittimo sposo Marcello-Andrea-Ferdinando Galati, duca di Sangiorgio?
Ella sorride alla domanda, sorride a Marcello e con tono semplice e piano risponde:
— Sì.
Un singhiozzo erompe da un petto femminile. È Amalia Cantelmo che si lascia sopraffare dalla commozione e si abbandona ad una delle sue crisi nervose, che la scuote tutta nelle lagrime. In un angolo la duchessa di Mileto, la vedova del suicidato, piange silenziosamente, dietro la sua veletta punteggiata d’oro.
Rivela apre il logoro e ruvido registro. Le più bizzarre calligrafie, contorte, tremanti, irrequiete, schizzinose, montavano, scendevano da un capo all’altro della pagina; nomi scritti in fretta, con amore, con rabbia, con indifferenza, ingenui errori di ortografia; nomi plebei che accavallavano i pomposi titoli della nobiltà: una pagina di vita. I due sposi venivano subito dopo il matrimonio di Gaetano Parascandolo, facchino, e di Pasqua Loiodice, operaia nella fabbrica di tabacco. Mentre Mar-