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332 Cuore infermo

Dal grembo, sulle ginocchia, nelle pieghe dell’abito, sui piedi, per terra, era una follia di rose multicolori e profumate. E sulla testa riversa, sulle labbra appena schiuse e violette, un cerchiolino di sole metteva un sorriso lucente.


V.


Sulla via maestra, le carrozze del corteggio discendevano senza molto rumore; le ruote affogavano nella polvere. Soltanto, quando entravano nella via selciata di un villaggio, un rumorìo si levava. Sulle porte, sui balconi comparivano persone, attratte dalla curiosità. Qualche contadina in gonna succinta, i cappelli disfatti sul collo, si ristava dal cullare il bimbo nudo che teneva fra le braccia; qualche lavandaia curva sopra un tinello di creta, battendo i panni sopra un banchetto scannellato di legno, sostenuto dalle ginocchia, si levava con un moto di meraviglia; i bimbi, che rotolavano nel ruscello fangoso, si facevano da parte, addossati al muro, con un dito in bocca; dietro le imposte verdi di qualche casinetta borghese, una testa di fanciulla si chinava, con gli occhi avidi nel viso bianco. Come il corteggio procedeva, la gente rimaneva a guardare, immobile, senza parlare; ma appena l’ultima carrozza era scomparsa, un parlottìo vivace sorgeva, i commenti s’incrociavano. Qualche esclamazione di rimpianto faceva da nota grave in quel concerto acuto. Poi ricominciava il cullamento della sedia su cui la mamma si dondolava, per addormentare il bimbo; la lavandaia sfregava fortemente una camicia sui cannelli