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Parte quinta 245

— Sicuro, debbo parlarti, Beatrice. Ma non so che cosa dirti — rispose l’altra, irritata da quel tôno freddo.

— Credevo che sentissi il bisogno di giustificarti.

— La passione non si giustifica.

— La passione, Amalia?

— La passione, Beatrice.

Un breve silenzio. Beatrice si alzò, le andò vicino, e fissandola negli occhi, come se volesse penetrar nelle pieghe più intime di quell’anima, le disse bruscamente, brutalmente:

— Sicchè tu sei innamorata con passione di mio marito Marcello Sangiorgio?

L’altra tremò, esitò. Comprese che il caso si faceva serio e che si doveva lasciare di banda la fraseologia dell’amore da romanzo.

— Credo di esserlo... — mormorò — ho creduto di esserlo...

— Perchè lo hai creduto?

— Era stato il mio primo amore. Sai, quel bel giovane bruno che passava a cavallo davanti la porta del giardino, in collegio...

— Solo per questo?

— ... Mi è parso infelice, sofferente... non ti amava, non lo amavi...

— Ah!

— Me lo hai detto tu stessa. Del resto, tutti lo sanno... Poi egli è così bello, così elegante, così spiritoso, così malinconico, così diverso dagli altri...

— Un eroe, nevvero?

— Tu non lo ammetti, lo so... poi, anche io soffro, non sono felice in casa mia... Giulio non mi sa comprendere. Tu non lo sai, Beatrice, io sono ammalata ed egli non se ne cura. Forse desidera che io muoia. Va dietro alle ballerine. Avrà promesso a qualcuna di