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Parte prima | 23 |
compiendo le sue piccole operazioni, senza chiasso, con una misurata parsimonia di movimenti, una leggerezza d’ombra. Ora infilava ad Amalia le pianelline di velluto rosso, ricamato a stellette d’argento, col becco aguzzo e rialzato in su, senza tacco, senza tallone. Alla caviglia la pelle rosea del piedino appariva attraverso la finezza della calza di seta bianca. Giulio aveva preso un giornale di mode e leggeva la descrizione di un abito da caccia. Amalia fece dondolare la pianella, poi con voce carezzevole:
— Giulio?
— Eh?
— Ti ricordi quelle scarpette di cuoio gialle e quelle calze color polvere, che io portava tre anni fa, a Belvedere?
— No, cara.
— Ci amavamo allora. Del boschetto, neppure te ne ricordi?
E lo guardò con un riso muto e malizioso di tutto il volto. Era seducente, sdraiata nella poltrona, nei merletti del suo accappatoio, coi capelli biondi disciolti, in cui Serafina passava il pettine con grande calma. Giulio venne a sedersi presso di lei, scherzando con una delle sue manine, toccandole lievemente il braccio nella manica larga, strisciando le dita sulla pelle rasata, mentre Amalia rideva a colpettini, pel solletico. Serafina aspettava nella penombra, taciturna, tenendo sul braccio l’abito smesso della sua padrona.
— Hai dei foglietti da scrivere? — chiese dopo un momento Giulio, quasi distratto.
— Ne ho, ma con le mie iniziali. A chi scrivi?
— A Roberto Giordano, per un affare del Circolo — rispose Giulio con noncuranza, lasciando cadere il discorso.