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Parte quarta | 195 |
malinconiva; vi si trattenevano ancora alcuni forestieri, qualche famiglia che non ama la grande vita cittadina, qualche ammalato. Ogni giorno schioccavano le fruste ed i sonagli delle carrozze in partenza. I Sangiorgio rimanevano. Nella cucina, dove i servi si divertivano a sbadigliare e a dormire, si facevano di molti commenti. Qualche ribellione trapelava. Il cuoco aveva dichiarato che era stanco della campagna. Giovannina aveva paura dei temporali e dei fulmini. Ma col padrone non c’era verso di cavar nulla; con la padrona non osavano. Era capacissima, con la sua ostinata volontà, di trattenersi a Sorrento tutto l’inverno.
Pure ella si accorgeva dell’autunno. Anzi, una piccola pena le nasceva nel cuore per l’estate che si distaccava, brano a brano. Era stata benissimo in estate, le sue giornate erano trascorse in mezzo a gradevoli occupazioni. Lo rimpiangeva; e nel medesimo tempo si sentiva predominata dall’autunno. Non si occupava più che tanto del suo ricamo, delle sue letture, dei suoi abiti: era presa da una grande noia di queste cose. I suoi pensieri non erano più regolati dal movimento monotono dell’ago che va e viene; ella non si assorbiva nelle pagine di un libro; invece, spesso, sorprendeva sè stessa in una distrazione profonda. Dalle gelosie socchiuse guardava sovente i viali del suo parco, immergendosi nella contemplazione di quel lago verde, dove comparivano le tinte gialle e rosse autunnali. Aveva ripreso i suoi acquerelli, studio di giovanetta obbliato per tanto tempo; un angolo del parco che ella aveva preso a dipingere, giaceva incompiuto sul cavalletto ed i colori si disseccavano nei bicchieri. Molto spesso non usciva nel pomeriggio e non si svestiva della sua veste da camera, quasi che quell’abbigliamento largo e comodo, convenisse di più al languore da cui si sentiva compresa.