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180 | Cuore infermo |
— Mio Dio! mio Dio — mormorò Marcello sottovoce, con una espressione desolata — io non so più che cosa fare.
— Hai ragione, io sono folle. Perdonami, Marcello — disse Lalla, tendendogli la mano, mentre alcune lagrime le ammollivano lo sguardo troppo scintillante, troppo duro.
— No, no, la colpa è mia, Lalla: sono io lo sciocco a non saper indovinare i tuoi desiderii. Ma quale è dunque il motto di questo enigma? Io t’amo ed intanto non ti comprendo.
— Neppure io ho compreso mai nulla di me — rispose Lalla, col tono di una assoluta sfiducia.
Si guardarono, colpiti dal medesimo triste pensiero.
— Vediamo, cara — disse lui, prendendole le mani — vediamo se posso indovinare. Hai tu desiderio di qualche cosa molto strana, di quale sensazione assurda?
— Io non ho neanche la potenza di formare un desiderio, Marcello. Io mi sento vuota ed inerte — disse ella malinconicamente.
Marcello chinò il capo. Era di nuovo vinto dal sentimento della sua impotenza. Comprendeva di non avere alcuna influenza sullo spirito di quella donna.
— Tu non mi vuoi più bene — mormorò.
— Può darsi.
— Almeno dovresti avere interesse di accertartene — ribattè egli ironicamente.
— Ne sei certo tu? — domandò Lalla, con uno sguardo scrutatore.
— Io non ne so nulla — rispose Marcello brevemente.
E per calmarsi si alzò ed uscì fuori il balcone aperto, dove rimase un poco. Quando rientrò era più tranquillo.