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la libreria di siardi | 83 |
è una festa a lisciarlo, a metterlo al posto e a riprenderlo per guardarlo per tutti i versi e a covarselo come un tesoro. Non m’ha fatto veder altro in un’ora. Aveva male agli occhi dal gran leggere. A un certo momento passò nella stanza suo padre, che è grosso e tozzo come lui, con un testone come il suo, e gli diede due o tre manate sulla nuca, dicendomi con quel vocione: - Che ne dici, eh, di questa testaccia di bronzo? E una testaccia che riuscirà a qualcosa, te lo assicuro io! - E Stardi socchiudeva gli occhi sotto quelle ruvide carezze come un grosso cane da caccia. Io non so; non osavo scherzare con lui; non mi pareva vero che avesse solamente un anno più di me, e quando mi disse - A rivederci - sull’uscio, con quella faccia che par sempre imbronciata, poco mancò che gli rispondessi: - La riverisco - come a un uomo. Io lo dissi poi a mio padre, a casa: - Non capisco, Stardi non ha ingegno, non ha belle maniere, è una figura quasi buffa; eppure mi mette soggezione. - E mio padre rispose: - È perché ha carattere. - Ed io soggiunsi: - In un’ora che son stato con lui non ha pronunciato cinquanta parole, non m’ha mostrato un giocattolo, non ha riso una volta; eppure ci son stato volentieri. - E mio padre rispose: - È perché lo stimi.
IL FIGLIUOLO DEL FABBRO FERRAIO
Sì, ma anche Precossi io stimo, ed è troppo poco il dire che lo stimo. Precossi, il figliuolo del fabbro ferraio, quello piccolo, smorto, che ha gli occhi buoni e tristi, e un’aria di spaventato; così timido, che dice