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62 dicembre

LE MAESTRE.


17, sabato.

Garoffi stava tutto pauroso, quest’oggi, ad aspettare una grande risciacquata del maestro; ma il maestro non è comparso, e poichè mancava anche il supplente, è venuta a far scuola la signora Cromi, la più attempata delle maestre, che ha due figliuoli grandi e ha insegnato a leggere e a scrivere a parecchie signore che ora vengono ad accompagnare i loro ragazzi alla Sezione Baretti. Era triste, oggi, perchè ha un figliuolo malato. Appena che la videro, cominciarono a fare il chiasso. Ma essa con voce lenta e tranquilla disse: — Rispettate i miei capelli bianchi: io non sono soltanto una maestra, sono una madre; — e allora nessuno osò più di parlare, neanche quella faccia di bronzo di Franti, che si contentò di farle le beffe di nascosto. Nella classe della Cromi fu mandata la Delcati, maestra di mio fratello, e al posto della Delcati, quella che chiamano “la monachina„ perchè è sempre vestita di scuro, con un grembiale nero, e ha un viso piccolo e bianco, i capelli sempre lisci, gli occhi chiari chiari, e una voce sottile, che par sempre che mormori preghiere. E non si capisce, dice mia madre: è così mite e timida, con quel filo di voce sempre eguale, che appena si sente, e non grida, non s’adira mai: eppure tiene i ragazzi quieti che non si sentono, i più monelli chinano il capo solo che li ammonisca col dito, pare una chiesa la sua scuola; e per questo anche chiamano lei la monachina. Ma ce n’è un’altra che mi piace pure: la maestrina della prima inferiore nu-