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la piccola vedetta lombarda | 45 |
- No, da tre giorni.
L’ufficiale stette un poco pensando; poi saltò giù da cavallo, e lasciati i soldati lì, rivolti verso il nemico, entrò nella casa e salì sul tetto... La casa era bassa; dal tetto non si vedeva che un piccolo tratto di campagna. - Bisogna salir sugli alberi, - disse l’ufficiale, e discese. Proprio davanti all’aia si drizzava un frassino altissimo e sottile, che dondolava la vetta nell’azzurro. L’ufficiale rimase un po’ sopra pensiero, guardando ora l’albero ora i soldati; poi tutt’a un tratto domandò al ragazzo:
- Hai buona vista, tu, monello?
- Io? - rispose il ragazzo. - Io vedo un passerotto lontano un miglio.
- Saresti buono a salire in cima a quell’albero?
- In cima a quell’albero? io? In mezzo minuto ci salgo.
- E sapresti dirmi quello che vedi di lassù, se c’è soldati austriaci da quella parte, nuvoli di polvere, fucili che luccicano, cavalli?
- Sicuro che saprei.
- Che cosa vuoi per farmi questo servizio?
- Che cosa voglio? - disse il ragazzo sorridendo. - Niente. Bella cosa! E poi... se fosse per i tedeschi, a nessun patto; ma per i nostri! Io sono lombardo.
- Bene. Va su dunque.
- Un momento, che mi levi le scarpe.