Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
naufragio | 325 |
chia di sangue sul petto, - si ricordò, - il lampo d'un’idea divina gli passò sul viso.
- Il più piccolo! - gridarono in coro i marinai, con imperiosa impazienza. - Noi partiamo!
E allora Mario, con una voce che non parea più la sua, gridò: - Lei è più leggiera. A te, Giulietta! Tu hai padre e madre! Io son solo! Ti do il mio posto! Va giù!
- Gettala in mare! - gridarono i marinai.
Mario afferrò Giulietta alla vita e la gettò in mare.
La ragazza mise un grido e fece un tonfo; un marinaio l’afferrò per un braccio e la tirò su nella barca.
Il ragazzo rimase ritto sull’orlo del bastimento, con la fronte alta, coi capelli al vento, immobile, tranquillo, sublime.
La barca si mosse, e fece appena in tempo a scampare dal movimento vorticoso delle acque prodotto dal bastimento che andava sotto, e che minacciò di travolgerla.
Allora la ragazza, rimasta fino a quel momento quasi fuori di senso, alzò gli occhi verso il fanciullo e diede in uno scroscio di pianto.
- Addio, Mario! - gli gridò fra i singhiozzi, con le braccia tese verso di lui. - Addio! Addio! Addio!
- Addio! - rispose il ragazzo, levando la mano in alto.