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dagli apennini alle ande 257

come, a chi domandar lavoro? Chieder l’elemosina! Ah! no, essere respinto, insultato, umiliato come poc’anzi, no, mai, mai più, piuttosto morire! - E a quell’idea, e al riveder davanti a sé la lunghissima via che si perdeva lontano nella pianura sconfinata, si sentì fuggire un’altra volta il coraggio, gettò la sacca sul marciapiede, vi sedette su con le spalle al muro, e chinò il viso tra le mani, senza pianto, in un atteggiamento desolato.

La gente l’urtava coi piedi passando; i carri empivan la via di rumore; alcuni ragazzi si fermarono a guardarlo. Egli rimase un pezzo così.

Quando fu scosso da una voce che gli disse tra in italiano e in lombardo: - Che cos’hai, ragazzetto?

Alzò il viso a quelle parole, e subito balzò in piedi gettando un’esclamazione di meraviglia: - Voi qui!

Era il vecchio contadino lombardo, col quale aveva fatto amicizia nel viaggio.

La meraviglia del contadino non fu minore della sua. Ma il ragazzo non gli lasciò il tempo d’interrogarlo, e gli raccontò rapidamente i casi suoi. - Ora son senza soldi, ecco; bisogna che lavori; trovatemi voi del lavoro da poter mettere insieme qualche lira; io faccio qualunque cosa; porto roba, spazzo le strade, posso far commissioni, anche lavorare in campagna; mi contento