fare, era addolorato, la mamma gli faceva coraggio; siamo nelle strettezze, capisci? non ci sono più denari. Il babbo diceva che bisognerà fare dei sacrifizi per rimettersi. Ora bisogna che ne facciamo anche noi dei sacrifici, non è vero? Sei pronto? Bene, parlo alla mamma, e tu accenna di sì e promettile sul tuo onore che farai tutto quello che dirò io. - Detto questo, mi prese per mano, e mi condusse da nostra madre, che stava cucendo, tutta pensierosa; io sedetti da una parte del sofà, Silvia sedette dall’altra, e subito disse: - Senti, mamma, ho da parlarti. Abbiamo da parlarti tutti e due. - La mamma ci guardò meravigliata. E Silvia cominciò: - Il babbo è senza denari, è vero? - Che dici? - rispose la mamma arrossendo, - Non è vero! Che ne sai tu? Chi te l’ha detto? - Lo so, disse Silvia, risoluta. - Ebbene, senti, mamma; dobbiamo fare dei sacrifici anche noi. Tu m’avevi promesso un ventaglio per la fin di maggio, e Enrico aspettava la sua scatola di colori; non vogliamo più nulla; non vogliamo che si sprechino i soldi; saremo contenti lo stesso, hai capito? - La mamma tentò di parlare, ma Silvia disse: - No, sarà così. Abbiamo deciso. E fin che il babbo non avrà dei denari, non vogliamo più nè frutta nè altre cose; ci basterà la minestra, e la mattina a colazione mangeremo del pane; così si spenderà meno a tavola, chè già spendiamo troppo, e noi ti promettiamo che ci vedrai sempre contenti ad un modo. Non è vero, Enrico? - Io risposi di sì. - Sempre contenti ad un modo, - ripeté Silvia, chiudendo la bocca alla mamma con una mano; - e se c’è altri sacrifizi da fare, o nel vestire, o in altro, noi li faremo volentieri, e vendiamo anche i nostri regali: io do tutte le mie