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228 aprile

ciullo che tanto deve aver più d’ardimento quanto ha meno di forza; nel fanciullo a cui nulla domandiamo, che a nulla è tenuto, che ci pare già tanto nobile e amabile, non quando compia, ma solo quando comprenda e riconosca il sacrifizio altrui; l’eroismo nel fanciullo è divino. Non dirò altro, signori. Non voglio ornar di lodi superflue una così semplice grandezza. Eccolo qui davanti a voi il salvatore valoroso e gentile. Soldati, salutatelo come un fratello; madri, beneditelo come un figliuolo; fanciulli, ricordatevi il suo nome, stampatevi nella mente il suo viso, ch’egli non si cancelli mai più dalla vostra memoria e dal vostro cuore. Avvicinati, ragazzo. In nome del Re d’Italia, io ti do la medaglia al valor civile.

Un evviva altissimo, lanciato insieme da molte voci, fece echeggiare il palazzo.

Il Sindaco prese sul tavolo la medaglia e l’attaccò al petto del ragazzo. Poi lo abbracciò e lo baciò.

La madre si mise una mano sugli occhi, il padre teneva il mento sul petto.

Il Sindaco strinse la mano a tutti e due, e preso il decreto della decorazione, legato con un nastro, lo porse alla donna.

Poi si rivolse al ragazzo e disse: - Che il ricordo di questo giorno così glorioso per te, così felice per tuo padre e per tua madre, ti mantenga per tutta la vita sulla via della virtù e dell’onore. Addio!