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200 aprile

erano appesi ai muri. Uscirono nel giardino e si sparpagliarono, tirando fuori le loro provvigioni: pane, prune cotte, un pezzettino di formaggio, un ovo sodo, delle mele piccole, una pugnata di ceci lessi, un’ala di pollo. In un momento tutto il giardino fu coperto di bricioline come se ci avessero sparso del becchime per uno stormo d’uccelli. Mangiavano in tutte le più strane maniere, come i conigli, i topi, i gatti, rosicchiando, leccando, succhiando. C’era un bimbo che si teneva appuntato un grissino sul petto e lo andava ungendo con una nespola, come se lustrasse una sciabola. Delle bambine spiaccicavano nel pugno delle formaggiole molli, che colavano fra le dita, come latte, e filavan giù dentro alle maniche; ed esse non se n’accorgevano mica. Correvano e s’inseguivano con le mele e i panini attaccati ai denti, come i cani. Ne vidi tre che scavavano con un fuscello dentro a un ovo sodo credendo di scoprirvi dei tesori, e lo spandean mezzo per terra, e poi lo raccoglievano briciolo per briciolo, con grande pazienza, come se fossero perle. E a quelli che avevano qualcosa di straordinario, c’erano intorno otto o dieci col capo chino a guardar nel paniere, come avrebber guardato la luna nel pozzo. Ci saranno stati venti intorno a un batuffoletto alto così, che aveva in mano un cartoccino di zucchero, tutti a fargli cerimonie per aver il permesso d’intingere il pane, e lui a certi lo dava, ed ad altri, pregato bene, non imprestava che il dito da succhiare.

Intanto mia madre era venuta nel giardino e accarezzava ora l’uno ora l’altro. Molti le andavano intorno, anzi addosso, a chiederle un bacio col viso in su, come se guardassero a un terzo piano, aprendo e