celiando. E si vedeva che provava piacere a respirar l’aria del giardino che veniva per le finestre aperte, piena d’un buon odor fresco di terra e di foglie, che faceva pensare alle passeggiate in campagna. Mentre egli spiegava, si sentiva in una strada vicina un fabbro ferraio che batteva sull’incudine, e nella casa di faccia una donna che cantava per addormentare il bambino: lontano, nella caserma della Cernaia, sonavano le trombe. Tutti parevano contenti, persino Stardi. A un certo momento il fabbro si mise a picchiar più forte, la donna a cantar più alto. Il maestro s’interruppe e prestò l’orecchio. Poi disse lentamente, guardando per la finestra: - Il cielo che sorride, una madre che canta, un galantuomo che lavora, dei ragazzi che studiano... ecco delle cose belle. - Quando uscimmo dalla classe, vedemmo che anche tutti gli altri erano allegri; tutti camminavano in fila pestando i piedi forte e canticchiando, come alla vigilia d’una vacanza di quattro giorni; le maestre scherzavano; quella della penna rossa saltellava dietro i suoi bimbi come una scolaretta; i parenti dei ragazzi discorrevano fra loro ridendo, e la madre di Crossi, l’erbaiola, ci aveva nelle ceste tanti mazzi di violette, che empivano di profumo tutto il camerone. Io non sentii mai tanta contentezza come questa mattina a veder mia madre che mi aspettava nella strada. E glielo dissi andandole incontro: - Sono contento: cos’è mai che mi fa così contento questa mattina? - E mia madre mi rispose sorridendo che era la bella stagione e la buona coscienza.