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sangue romagnolo | 179 |
lera. Ebbene, io l’ho conosciuto ragazzo, ha cominciato come te. Pensa che ridurrai tuo padre e tua madre a far la stessa fine dei suoi. -
Ferruccio taceva. Egli non era mica tristo di cuore, tutt’altro; la sua scapestrataggine derivava piuttosto da sovrabbondanza di vita e d’audacia che da mal animo; e suo padre l’aveva avvezzato male appunto per questo, che ritenendolo capace, in fondo, dei sentimenti più belli, ed anche, messo a una prova, d’un’azione forte e generosa, gli lasciava la briglia sul collo e aspettava che mettesse giudizio da sè. Buono era, piuttosto che tristo; ma caparbio, e difficile molto, anche quando aveva il cuore stretto dal pentimento, a lasciarsi sfuggire dalla bocca quelle buone parole che ci fanno perdonare: - Sì, ho torto, non lo farò più, te lo prometto, perdonami. - Aveva l’anima piena di tenerezza alle volte; ma l’orgoglio non la lasciava uscire.
- Ah Ferruccio! - continuò la nonna, vedendolo così muto. - Non una parola di pentimento mi dici! Tu vedi in che stato mi trovo ridotta, che mi potrebbero sotterrare. Non dovresti aver cuore di farmi soffrire, di far piangere la mamma della tua mamma, così vecchia, vicina al suo ultimo giorno; la tua povera nonna, che t’ha sempre voluto tanto bene; che ti cullava per notti e notti intere quand’eri bimbo di pochi mesi, e che non mangiava per baloccarti, tu non lo sai! Io dicevo