di molte voci sommesse, le voci di tutte le madri e di tutti i maestri e le maestre, che tutti insieme dessero dei consigli e pregassero e facessero dei rimproveri amorevoli. E intanto i premiati passavano l’un dopo l’altro davanti a quei signori seduti, che porgevano gli attestati, e a ciascuno dicevano una parola o facevano una carezza. Dalla platea e dalle gallerie i ragazzi applaudivano ogni volta che passava uno molto piccolo, o uno che dai vestiti paresse povero, e anche quelli che avevano delle gran capigliature ricciolute o eran vestiti di rosso o di bianco. Ne passavano di quelli di prima superiore che arrivati là, si confondevano e non sapevano più dove voltarsi, e tutto il teatro rideva. Ne passò uno alto tre palmi, con un gran nodo di nastro rosa sulla schiena, che a mala pena camminava, e incespicò nel tappeto, cadde, il Prefetto lo rimise in piedi, e tutti risero e batteron le mani. Un altro ruzzolò giù per la scaletta, ridiscendendo in platea; si sentiron delle grida; ma non s’era fatto male. Ne passaron d’ogni sorta, dei visi di birichini, dei visi di spaventati, di quelli rossi in viso come ciliegie, dei piccini buffi, che ridevano in faccia a tutti quanti, e appena ridiscesi in platea erano acchiappati dai babbi e dalle mamme che se li portavano via. Quando venne la volta della nostra sezione, allora sì che mi divertii! Passarono molti che conoscevo. Passò Coretti, vestito di nuovo da capo a piedi, col suo bel sorriso allegro, che mostrava tutti i denti bianchi: eppure chi sa quanti miriagrammi di legna aveva già portati la mattina! Il sindaco, nel dargli l’attestato, gli domandò che cos’era un segno rosso che aveva sulla fronte, e intanto gli teneva una mano sopra una spalla: io cercai in platea suo