se fossero diventati ciechi in quel punto. E ancora i ciechi nati, che non avendo mai visto il mondo, non rimpiangono nulla, perché hanno l’immagine d’alcuna cosa, fanno meno compassione. Ma c’è dei ragazzi ciechi da pochi mesi, che si ricordano ancora di tutto, che comprendono bene tutto quello che han perduto, e questi hanno di più il dolore di sentirsi oscurare nella mente, un poco ogni giorno, le immagini più care, di sentirsi come morire nella memoria le persone più amate. Uno di questi ragazzi mi diceva un giorno con una tristezza inesprimibile: - Vorrei ancora aver la vista d’una volta, appena un momento, per rivedere il viso della mamma, che non lo ricordo più - E quando la mamma va a trovarli, le mettono le mani sul viso, la toccano bene dalla fronte al mento e alle orecchie, per sentir com’è fatta, e quasi non si persuadono di non poterla vedere, e la chiamano per nome molte volte come per pregarla che si lasci, che si faccia vedere una volta. Quanti escono di là piangendo, anche uomini di cuor duro! E quando s’esce, ci pare un’eccezione la nostra, un privilegio quasi non meritato di veder la gente, le case, il cielo. Oh! non c’è nessuno di voi, ne son certo, che uscendo di là non sarebbe disposto a privarsi d’un po’ della propria vista per darne un barlume almeno a tutti quei poveri fanciulli, per i quali il sole non ha luce e la madre non ha viso!