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i ragazzi ciechi 149

divina la musica! E giubilano, brillano di felicità quando un maestro dice loro: - Tu diventerai un artista. - Per essi il primo nella musica, quello che riesce meglio di tutti al pianoforte o al violino, è come un re; lo amano, lo venerano. Se nasce un litigio fra due di loro, vanno da lui; se due amici si guastano, è lui che li riconcilia. I più piccini, a cui egli insegna a sonare, lo tengono come un padre. Prima d’andare a dormire, vanno tutti a dargli la buona notte. E parlano continuamente di musica. Sono già a letto, la sera tardi, quasi tutti stanchi dallo studio e dal lavoro, e mezzo insonniti; e ancora discorrono a bassa voce di opere, di maestri, di strumenti, d’orchestre. Ed è un castigo così grande per essi l’esser privati della lettura o della lezione di musica, ne soffrono tanto dolore, che non s’ha quasi mai il coraggio di castigarli in quel modo. Quello che la luce è per i nostri occhi, la musica è per il loro cuore. Derossi domandò se non si poteva andarli a vedere.

- Si può, - rispose il maestro; - ma voi, ragazzi, non ci dovete andare per ora. Ci andrete più tardi, quando sarete in grado di capire tutta la grandezza di quella sventura, e di sentire tutta la pietà che essa merita. È uno spettacolo triste, figliuoli. Voi vedete là qualche volta dei ragazzi seduti di contro a una finestra spalancata, a godere l’aria fresca, col viso immobile, che par che guardino la grande pianura verde e le belle montagne azzurre che vedete voi...; e a pensare che non vedon nulla, che non vedranno mai nulla di tutta quella immensa bellezza, vi si stringe l’anima come