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148 | febbraio |
che han l’orecchio acuto e pronto! E danno più importanza di voi altri agli esami, ve lo assicuro, e s’affezionano di più ai loro maestri. Riconoscono il maestro al passo e all’odore; s’accorgono se è di buono o cattivo umore, se sta bene o male, nient’altro che dal suono d’una sua parola; vogliono che il maestro li tocchi, quando gli incoraggia e li loda, e gli palpan le mani e le braccia per esprimergli la loro gratitudine. E si voglion bene anche fra loro, sono buoni compagni. Nel tempo della ricreazione sono quasi sempre insieme quei soliti. Nella sezione delle ragazze, per esempio, formano tanti gruppi, secondo lo strumento che suonano, le violiniste, le pianiste, le suonatrici di flauto, e non si scompagnano mai. Quando hanno posto affetto a uno, è difficile che se ne stacchino. Trovano un gran conforto nell’amicizia. Si giudicano rettamente, fra loro. Hanno un concetto chiaro e profondo del bene e del male. Nessuno s’esalta come loro al racconto d’un’azione generosa o d’un fatto grande.
Votini domandò se suonano bene.
- Amano la musica ardentemente, - rispose il maestro. - È la loro gioia, è la loro vita la musica. Dei ciechi bambini, appena entrati nell’Istituto, son capaci di star tre ore immobili in piedi a sentir sonare. Imparano facilmente, suonano con passione. Quando il maestro dice a uno che non ha disposizione alla musica, quegli ne prova un grande dolore, ma si mette a studiare disperatamente. Ah! se udiste la musica là dentro, se li vedeste quando suonano colla fronte alta, col sorriso sulle labbra, accesi nel viso, tremanti dalla commozione, estatici quasi ad ascoltar quell’armonia che rispandono nell’oscurità infinita che li circonda, come sentireste che è una consolazione