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146 | febbraio |
un esercito che c’impiegherebbe quattro ore a sfilare sotto le nostre finestre!
Il maestro tacque; non si sentiva un alito nella scuola. Derossi domandò se era vero che i ciechi hanno il tatto più fino di noi.
Il maestro disse: - È vero. Tutti gli altri sensi si raffinano in loro, appunto perché, dovendo supplire fra tutti a quello della vista, sono più e meglio esercitati di quello che non siano da chi ci vede. La mattina, nei dormitori, l’uno domanda all’altro: - C’è il sole?; - e chi è più lesto a vestirsi scappa subito nel cortile ad agitar le mani per aria, per sentire se c’è il tepore del sole, e corre a dar la buona notizia: - C’è il sole! - Dalla voce d’una persona si fanno un’idea della statura; noi giudichiamo l’animo d’un uomo dall’occhio, essi dalla voce; ricordano le intonazioni e gli accenti per anni. S’accorgono se in una stanza c’è più d’una persona, anche se una sola parla, e le altre restano immobili. Al tatto s’accorgono se un cucchiaio è poco o molto pulito. Le bimbe distinguono la lana tinta da quella di color naturale. Passando a due a due per le strade, riconoscono quasi tutte le botteghe all’odore, anche quelle in cui noi non sentiamo odori. Tirano la trottola, e a sentire il ronzìo che fa girando, vanno diritti a pigliarla senza sbagliare. Fanno correre il cerchio, giocano ai birilli, saltano con la funicella, fabbricano casette coi sassi, colgono le viole come se le vedessero, fanno stuoie e canestrini intrecciando paglia di vari colori, speditamente e bene; tanto hanno il tatto esercitato! Il tatto è la loro vista; è uno dei più grandi piaceri per loro quello di toccare, di stringere, d’indovinare la forma delle cose tastandole. È commovente vederli, quando li conducono