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l'infermiere di tata. 75


- Tata! Tata! che avete? Sono il vostro figliuolo, Cicillo vostro.

Il malato non si mosse più, e continuò a respirare affannosamente.

Allora, piangendo, il ragazzo prese una seggiola, sedette e stette aspettando, senza levar gli occhi dal viso di suo padre. - Un medico passerà bene a far la visita, - pensava. - Egli mi dirà qualche cosa. - E s’immerse ne’ suoi pensieri tristi, ricordando tante cose del suo buon padre, il giorno della partenza, quando gli aveva dato l’ultimo addio sul bastimento, le speranze che aveva fondato la famiglia su quel suo viaggio, la desolazione di sua madre all’arrivo della lettera; e pensò alla morte, vide suo padre morto, sua madre vestita di nero, la famiglia nella miseria. E stette molto tempo così. Quando una mano leggiera gli toccò una spalla, ed ei si riscosse: era una monaca. - Che cos’ha mio padre? - le domandò subito. - È tuo padre? - disse la suora, dolcemente. - Sì, è mio padre, son venuto. Che cos’ha? - Coraggio, ragazzo, - rispose la suora; - ora verrà il medico. - E s’allontanò, senza dir altro.

Dopo mezz’ora, sentì il tocco d’una campanella, e vide entrare in fondo al camerone il medico, accompagnato da un assistente; la suora e un infermiere li seguivano. Cominciaron la visita, fermandosi a ogni letto. Quell’aspettazione pareva eterna al ragazzo, e ad ogni passo del medico gli cresceva l’affanno. Finalmente arrivò al letto vicino. Il medico era un vecchio alto e curvo, col viso grave. Prima ch’egli si staccasse dal letto vicino, il ragazzo si levò in piedi, e quando gli s’avvicinò, si mise a piangere.