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lente di non aver potuto conservare la lettera che gli scrisse Mario Pagano, dopo che Russo gli ebbe comunicate le idee di lui»1?

Circa il Saggio propriamente detto, ci sarebbe l’asserzione del medesimo Cuoco, sulla quale si è fondato anche qualche biografo2, di averlo scritto «sul cader del 1799»3. Senonché contro di essa è stato osservato4 che «sul cader del 1799» il Cuoco era ancora a Napoli in carcere, sotto gli artigli dello Speciale, del Guidobaldi e simile genia, e non poteva quindi scrivere per «raddolcire l’ozio e la noia dell’emigrazione», com’egli dice in un altro luogo5; emigrazione che per lui ebbe principio soltanto dalla seconda metá dell’aprile 1800.

A rigor di termini, l’obiezione è giusta. Ma non c’è proprio modo di conciliare le due diverse asserzioni del Cuoco, supponendo, per esempio, che egli abbia incominciato ad abbozzare il Saggio in carcere e lo abbia poi proseguito durante l’esilio? Sembra forse cosa troppo inverisimile che un reo di Stato sotto processo abbia potuto godere in prigione di tanta libertá, da aver agio, scrivendo tutto quel che c’è nel Saggio, di incorrere in novello delitto di maestá? Ma non si dimentichi che, trascorso il primo furore della reazione, le condizion dei prigionieri politici divennero assai piú miti; e poi, fra tutto il gran da fare che dava quell’immensa folla d’indiziati, quali miracoli non avrebbe compiuti una «piastra» abilmente deposta nelle mani di un pietoso secondino? Che se poi si vuole assolutamente escludere che al Cuoco sia riuscito, durante i dieci mesi di prigionia, di mettere materialmente sulla carta le idee che gli tumultuavano nel cervello, niente vieta di credere che egli abbia potuto pensarle, ruminarle, approfondirle, ossia scrivere mentalmente l’opera sua. Chiunque abbia un po’ di pratica del rude mestiere dello scrittore sa assai bene che quello stile facile, rapido, serrato; quell’andare avanti quasi a passo di carica, superando trionfalmente tutti gli ostacoli che s’incontrano sulla strada; quell’omogeneitá ed equilibrio fra le parti; quella sobrietá, lucidezza e

  1. Si veda sopra, p. 265.
  2. P. e. G. Ottone, V. C. e il risveglio della coscienza nazionale (Vigevano, 1903). p. 15.
  3. Si veda sopra, p. 211.
  4. Ruggieri, op. cit., pp. 33-4.
  5. Nella Lettera a N. Q. Si veda sopra p. 11.