Pagina:Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, Laterza, 1913.djvu/175


xl - sale patriotiche 165

il popolo ad amarli ed a rispettarli pei loro talenti e per le loro virtú: il popolo cosí divenne libero e migliore. Nella repubblica fiorentina tutte le rivoluzioni erano dirette da quella «fraternizzazione», che s’intendeva in Firenze come s’intese un tratto in Francia; e perciò la repubblica fiorentina ondeggiò tra perpetue rivoluzioni, sempre agitata e non mai felice: il popolo, o presto o tardi, si annoiava dei conduttori, che non aveano ottenuto il suo favore se non perché si erano avviliti, ed, annoiato dei suoi capi, si annoiava del governo, ch’esso di rado conosce per altro che per l’idea che ha di coloro che governano1.

Si condussero taluni lazzaroni del Mercato nelle sale; ma questi erano per lo piú comperati e, come è facile ad intendersi, non servivano che a discreditare maggiormente la rivoluzione. Non sempre, anzi quasi mai, l’uomo del popolo è l’uomo popolare.

Le sale patriotiche attivavano la rivoluzione, attirando una folla di oziosi, che vi correva a consumar cosí quella vita di cui non sapeva far uso. I giovani sopra tutti corrono sempre ove è moto, e ripetono semplici tutto ciò che loro si fa dire. Intanto pochi abili ambiziosi si prevalgono del nome di conduttori e di moderatori di sale per acquistarsi un merito; e questo merito appunto, perché inutile alla nazione, un governo saggio non deve permettere o (ciò che val lo stesso) non deve curare: senza di ciò, il faziosi se ne prevalerranno per oscurare, per avvilire, per opprimere il merito reale. Taluni buoni, i quali vedevano l’abuso che delle sale si potea fare, credettero bene di opporre una sala all’altra e, se fosse stato possibile, riunirle

  1. Questo paragone tra la repubblica romana e la fiorentina si è fatto da due uomini sommi d’Italia. Macchiavelli è del nostro parere, e dice che il desiderio che in Roma i plebei ebbero di imitare i patrizi perfezionò le istituzioni di Roma. Campanella sostiene, al contrario, che la libertá si perdette in Roma e conservò in Firenze, sol perché quivi il popolo forzò i nobili a discendere dalla loro educazione. Ecco appunto i due aspetti sotto i quali la democrazia or da uno or da un altro si è guardata. Ma Roma ebbe, e per lungo tempo, costumi, costituzione, milizia e potenza: Firenze non ebbe che tumulti, rivoluzioni, licenza, debolezza. Macchiavelli ha per sé i fatti (che son contrari a Campanella) ed il giudizio degli uomini sensati, tra’ quali non vi è alcuno che non avrebbe amato di vivere nella repubblica romana in preferenza della fiorentina.