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Tutto nel decreto del governo è analogo allo spirito e disciplina della Chiesa primitiva; tutto tende a conservar indivisa la sovranitá territoriale, da cui dipende, come dalla sua protettrice, lo splendore e la puritá della religione. Senza distruggere questa sovranitá, non si poteva togliere al governo il diritto di ascoltare gli ecclesiastici, allorché si dolessero degli abusi che i loro superiori ecclesiastici potessero commettere nel giudicarli e punirli. Non si poteva, senza dividere la sovranitá, permettere che i decreti di una potestá straniera avessero nello Stato forza coattiva, senza le cognizioni ed il permesso della sovranitá del luogo. Questa è la pratica antichissima del cristianesimo, e non solo i decreti de’ pontefici, ma neanche quelli de’ concili generali, senza questo permesso, sono mai stati eseguiti in verun paese ben ordinato. Ne sian di prova quei decreti del concilio tridentino, che i sovrani cattolici di Spagna e di Francia e di Germania non hanno mai permesso che ne’ loro Stati si pubblicassero ed eseguissero.

Ne’ primi secoli della Chiesa spettava all’autoritá secolare il determinare le leggi e gli effetti civili del matrimonio, il numero delle chiese e de’ chierici, la quantitá ed amministrazione de’ beni delle chiese. È superfluo ripetere tutto ciò che su quest’ultima parte dei benefici e delle dotazioni ecclesiastiche ha scritto Sarpi nel suo Trattato sulle materie beneficiarie , di cui Bolingbrooke osa dire che tutta l’antichitá non ha un’opera eguale. Basterá solo ricordare che quelle leggi che diconsi di «ammortizzazione» e che tante sciagure costarono al gran Federico secondo imperatore ed al suo cancelliere Pietro delle Vigne, che primo le fece risorgere tra la barbarie generale e l’ignoranza di tutte le buone istituzioni in cui giaceva allora immersa 1’ Europa, quelle leggi erano antichissime, e molte di esse portavano in fronte il nome d’imperatori cristianissimi. Andrea d’Isernia, barbaro glossatore delle costituzioni di Sicilia, incomincia il suo commento alla costituzione dell’«ammortizzazione >: «Guai all’anima dell’imperatore che ha dettata questa costituzione! Essa arde a quest’ora come una candela di pece nel piú profondo dell’inferno!». Ecco il linguaggio della fanatica ignoranza. Per una