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nel quale per l’ordinario son caduti i raccoglitori di leggi, specialmente de’ popoli antichi. Si prenda per esempio l’opera di Craig sulle leggi de’ lacedemoni, e si paragoni a quei pochi tratti che sulla repubblica di Sparta ci ha tramandati Aristotele. Vi pare che si tratti di due repubbliche diverse. Voi vi avvedete che Craig ha raccolti de’ frammenti, Aristotele ha dipinta l’intera repubblica. Craig è un leguleio, Aristotele è un filosofo.

Né questo è tutto. Esporre esattamente la legislazione di un popolo è lo stesso che esporla in modo che ciascuno possa rettamente giudicarne. Or non si giudica di una cosa se non paragonandola ad un’altra, e non si paragona se non comprendendole tutte e due sotto una medesima categoria comune ed esprimendole cogli stessi nomi. Ciascuna legislazione ha e deve avere le sue parole solenni e proprie. Queste talora son diverse ed esprimono cose simili ; tal altra son simili ed esprimono cose diverse. Quindi da una parte quegl’infiniti errori ne’ quali si cade giudicando delle legislazioni non nostre; dall’altra, quella infinita difficoltá che presenta lo studio delle varie legislazioni de’ popoli, la cognizione delle quali diventa quasi tanto difficile quanto la cognizione che un uomo volesse acquistare di dieci lingue diverse. Gran parte dello studio delle leggi è assorbito dallo studio de’ vocabolari delle leggi.

È dunque necessitá, prima di tutto, formare una nomenclatura universale, onde tutti i vari statuti ed i vari diritti de’ popoli possano essere esattamente definiti e facilmente paragonati tra loro. Ma questa nomenclatura suppone una teoria generale delle leggi civili; teoria la quale finora è stata in alcune parti tentata, come sarebbe, per esempio, nel diritto pubblico e nel diritto criminale, ma che io credo ancora intentata nel diritto civile. Esiste però un ideale, diciam cosí, del diritto, ed è quello che i giureconsulti romani intendevano designare sotto nome di «diritto di natura». «Ius civile est quod ncque in totum a naturali vel gentium recedit, nec per omnia ei servii: itaque cum aliquid addimus vel detrahimus iuri communi, ius proprium, id